In evidenza

L'Appello di Erri de Luca per il referendum del 17 Aprile

Facciamo nostro e pubblichiamo l'appello di Erri de Luca per il Referendum del 17 Aprile prossimo :ci pare importante contribuire fattiv...

sabato 23 aprile 2016

Un Brecht pressoché sconosciuto.



                                   


Vogliamo far conoscere a coloro che ci seguono un frammento del materiale conservato presso il nostro Archivio perché si tratta di un documento eccezionale : uno scritto inedito (allora Novembre 1968) di Bertolt Brecht una "Lettera ad un americano adulto" scritta nel 1946 a Santa Monica dove Brecht risiedeva dopo essere fuggito dall'Europa distrutta dalla seconda guerra mondiale.Questo documento è stato pubblicato nel n° 36 Anno VII dei Quaderni Piacentini ed è stato tradotto da uno dei maggiori germanisti, Cesare Cases,che introduce il testo sulla rivista. Detto questo sembra che l'unico interesse di questo scritto sia di tipo "archeologico" invece chi lo legge oggi non può altro che ammirarne la straordinaria attualità. Brecht già allora grazie al suo intuito, alla sua preparazione e al suo sguardo" laser" di critico della società fa un'analisi della realtà americana che è ancor oggi utilissimo, visto che il modello della società americana si è concretizzato nel nuovo millennio anche nella vecchia Europa che ne sembrava indenne.
Scoperte così nel nostro Archivio ce ne sono molte e faremo in modo di farvele conoscere in modo da invogliare chi legge a venire a visitarlo. 



Bertolt Brecht



Lettere ad un americano adulto.

1.1   Dove Abito.

Quando dico dove abito dico sempre “ a Santa Monica”, ciò è vero. Ma tutti ripetono “ Ah sì a Hollywood”.In realtà sono città diverse, distanti. Quindi mi affretto a dire: “Non abbiamo scelto il posto,la nave di Vladivostok ci sbarcò qui,non avevamo soldi,qui c’era qualche altro emigrato,ci fermammo. Certo qui abbiamo una casa,ma solo perché le quote rateali d’acquisto sono meno care di quel che sarebbe l’affitto altrove. Infatti la casa ha poco più di una stanza da bagno, ed è quadrata, un ranch vecchio di cinquant’anni a due piani. Le ville all’intorno sono costruite in stile americano o inglese o hanno torrette e curve mai viste. La nostra casa ha sette stanze di cui due grandi, non è male e il giardino è addirittura grazioso, abbastanza vecchio con fichi,limoni, aranci, albicocchi, alberi del pepe e erba, vi sono addirittura angolini tra capanne di legno, questi luoghi han l’aria di essere abitati da un pezzo.

Il mondo ha fame ed è ridotto a rovine; come si fa a lamentarsi di stare qui? Non vedevo alcuna possibilità di farlo,finché mi venne l’idea che queste graziose ville sono costruite della stessa materia delle rovine di laggiù; come se lo stesso brutto vento che ha sfasciato laggiù gli edifici, avesse fatto turbinare sin qui un mucchio di polvere e di sudiciume trasformandolo in ville. Poiché è un fatto: viviamo in una città infame.

E’ difficile da spiegare, spesso ho cominciato a farlo e poi ho rinunciato. Naturalmente devono essere gli uomini a renderla così.

Per cominciare dai vicini, gente modesta. Sono gentili e non ficcano il naso nelle faccende altrui. Vedono una donna che tiene in ordine la casa e il giardino, un uomo alla macchina da scrivere; quindi dicono alla polizia che chiede informazioni su di noi, che siamo”hard working people” e che debbono lasciarci in pace. Prendono fichi dal nostro giardino, ci portano focacce. E non hanno il temperamento nevrotico represso dei piccoli borghesi tedeschi, né il loro servilismo e la loro arroganza. Si muovono più liberamente, con più grazia, e non strillano. Certo vi è in essi qualcosa di vacuo e di insignificante come nei personaggi dei romanzieri superficiali e commerciali. Nelle scuole non si danno voti solo in base alla diligenza e alle letture e all’intelligenza di un bambino, ma anche in base al suo grado di popolarità. Difficile dire qualcosa in contrario: forse sono solo io ad avere qualcosa in contrario, perché non sono mai stato popolare né volevo esserlo. Se i bambini devono imparare ad adattarsi alla società, si tratta di vedere a quale società. D’altra parte i giornali sono pieni di conflitti violenti nei ceti inferiori: mariti che sparano alle mogli infedeli, adolescenti che ammazzano a colpi d’accetta padri ubriachi che picchiano le madri eccetera. E’ diverso che nelle classi superiori, dove questi conflitti psicologici si esasperano in conflitti finanziari e si lotta per gli alimenti. Eppure sia in alto che in basso si tratta di problemi che costituiscono,per così dire equazioni con una sola incognita. La notizia di cronaca di sette righe sembra già esauriente. Da quando siamo qui, le case intorno alla nostra hanno già quasi tutte cambiato più volte  proprietario. La gente cambia incessantemente e apparentemente senza pensarci troppo, i propri posti  di lavoro e persino i propri mestieri, e così vanno a stare in quartieri o città più facili da raggiungere; alcuni  attraversano anche più volte l’intero continente. Così conoscono appena i propri alloggi non hanno né casa paterna né patria. Non si formano amicizie, né inimicizie. Per quel che riguarda le opinioni, le idee dei potenti regnano pressoché incontrastate. Il non essere d’accordo viene comunemente considerato come pura ignoranza di ciò che è universalmente approvato, come una pericolosa incapacità di adattarsi. L’adattamento è una disciplina a parte: chi è più intelligente ci riesce meglio, chi recalcitra è un problema per medici e psicologi. Per mantenere il “Job”- è sempre incerto,non ci sono” sistemazioni per la vita” con diritti e pensioni, nemmeno negli uffici governativi- occorre oltre alla qualificazione- che non è molto importante, tutto è organizzato in modo da essere intercambiabile, quindi a livello minimo- essere un “regular guy” cioè normale. Questo lascia poche possibilità di caratteristiche personali. “Le possibilità illimitate” cominciano a rivelarsi una favola, mentre” le crisi inevitabili” suonano come una proposizione scientifica. E le crisi depredano la popolazione di tutto. Conto in banca,casa, frigorifero e automobile devono essere trasformati in cibo i bambini interrompono gli studi, si sciolgono i matrimoni. Oltre alle grandi crisi generali, c’è la minaccia di quelle piccole,personali. La malattia di un solo suo membro può spogliare la famiglia di tutti i suoi risparmi e della maggior parte dei suoi piani per il futuro. In queste circostanze i pregiudizi- mai sepolti, raramente ventilati, sempre puzzolenti- di vasti strati contro i negri, gli ebrei e i messicani, hanno un significato tenebroso. Scarso è l’influsso della popolazione assai male informata- i giornali e la radio sono nelle mani di pochi milionari-, sulla storia del paese. Le macchine politiche dominano le elezioni ed esse sono controllate dai grandi interessi che vi sono investiti. La corruzione è gigantesca. Giornali con dozzine di milioni di lettori accennano che il massimo funzionario della nazione sarebbe stato”fatto da un gruppo di gangster”. Molti hanno la sensazione che la democrazia è tale da poter scomparire da un momento all’altro, pochi si azzardano a farsi un’immagine di quel che farebbe allora di questo continente l’enorme brutalità che la lotta economica vi ha sviluppato.

La grande insicurezza e dipendenza pervertono gli intellettuali e li rendono superficiali,pavidi e cinici. Mentre rientra, per così dire, nel loro contratto di assunzione che appaiano rilassati ( easy going), fiduciosi (cheerful) e attendibili( mentually balanced) , ciò che riescono a fare fumando la pipa,ficcandosi le mani in tasca ecc. Nel vecchio mondo continua a regnare la grande finzione che gli intellettuali lavorino per qualcosa di più che il compenso. I funzionari mantengono l’ordine, i medici guariscono, gli insegnanti diffondono il sapere, gli artisti divertono, i tecnici producono; “naturalmente” vengono compensati ma solo perché devono pur vivere. Il loro lavoro ha un’importanza che va al di là di questo. Colossali istituzioni sociali fanno almeno finta di non sottostare ad altro controllo al di fuori di quello pubblico: le università, le scuole, le cliniche, le amministrazioni. Invece qui le università sono apertamente controllate dagli uomini d’affari anche quelle semi-statali; così pure le cliniche e i funzionari dell’amministrazione ricevono assegni settimanali e dipendono dalle macchine politiche. Così la gioventù è una generazione di giovani dei che da un giorno all’altro si tramutano in schiavi. Le donne del ceto medio oltre la trentina e senza conto in banca sono “failures”. Questa parola “Failure” è pressoché intraducibile in una lingua di antica civilità. Significa”chi non ha successo” e può essere il papà, la mamma, il maestro o il vicino o io. Lo stato d’animo dei “failures” è anch’esso difficilmente traducibile. La parola che lo indica è “frustration” e significa delusione, smacco prostrazione, senso di sconfitta. Questo zitellaggio c’è per entrambi i sessi ed è un fatto sociale con caratteristiche cliniche.

Non c’è da meravigliarsi se qualcosa di ignobile, di indegno, di infame inerisce ad ogni commercio tra uomo e uomo, e di qui sia passato a investire tutti gli oggetti, le case, gli attrezzi e perfino il paesaggio. Un uomo che al mattino presto legga in giardino un libro di Lucrezio sarebbe uno spettacolo insulso, una donna che allatti il suo bambino alcunché di scipito. I grattacieli di Manhattan visti al crepuscolo mozzano il fiato ma non possono far gonfiare il petto. I macelli di Chicago, le centrali elettriche nei canyons,  i campi petroliferi della California hanno tutti questo qualcosa di compresso, di frustrato, tutti hanno l’aspetto di failures. Dappertutto vi è questo odore della brutalità senza speranza, della violenza senza appagamento. In cinque anni ho visto una volta sola qualcosa di simile all’arte : lungo la costa di Santa Monica, davanti ai mille bagnanti, si librava su sottili corde di fil di ferro simile ad un aquilone tirata da un motoscafo un’esile squisita struttura dai colori delicati, la réclame di una ditta di olio per la pelle.

                                     



Nessun commento:

Posta un commento